Cascata delle Marmore e Valnerina

La Cascata delle Marmore, situata presso la città di Terni, celebrata da artisti e scrittori di ogni epoca, rappresenta uno scenario d'incomparabile fascino, prodotto dal fragore delle acque del fiume Velino che precipitano nel Nera per un dislivello complessivo di 165 mt.
La cascata è il frutto del magistrale lavoro dell'uomo nel corso dei secoli con lo scopo di bonificare ampie zone paludose, a partire dall'intervento del console romano Manlio Curio Dentato nel 271 a. C.
Il salto del Velino nel Nera - cantato e rappresentato da viaggiatori, poeti e pittori fino ad assumere quel canone, celebrato dal romanticismo, di "orrida bellezza" - divenne nel settecento e ottocento una delle mete obbligate del Grand Tour.
Le acque della Cascata sono fondamentali per la produzione di energia elettrica e per lo sviluppo industriale della città di Terni.
Per questo è possibile ammirare la Cascata nella sua massima portata in corrispondenza delle ore di rilascio di acqua. All'interno dell'area turistico-escursionistica, sentieri e percorsi permettono di addentrarsi nel cuore dell'ambiente naturale della Cascata, ricco di flora spontanea e di formazioni geologiche caratteristiche, e di ammirare il suggestivo scenario da vari punti panoramici del belvedere.

Tutti sappiamo che si tratta di un’eccellente opera d’ingegneria, ma ci piace farvi conoscere la leggendaria storia d’amore da cui ha origine la cascata. Essa narra della ninfa Nera e del suo amore per il pastore Velino. Quando la dea Giunone venne a sapere di questo amore profano, decise di punire la Ninfa portandola in cima al monte Vettore dove la fanciulla fu trasformata in un fiume: il Nera. Velino decise di gettarsi dalla rupe delle Marmore per potersi ricongiungere alla sua amata. Quel salto d’acqua, oggi la cascata delle Marmore, è il simbolo del loro amore eterno.

A soli sei km dalla cascata è il Lago di Piediluco, sinuoso specchio d’acqua dove si riflette il minuscolo borgo circondato da boschi. Il luogo è un salotto di perfezione e armonia che induce alla contemplazione e al silenzio, ma anche allo sport come il canottaggio: qui si allenano da anni tutti i campioni della specialità grazie a condizioni di acqua e vento sempre ottimali.

A circa 20 km da Piediluco è Ferentillo che sorge in una gola boscosa allo sbocco del fosso Salto del Cieco nel fiume Nera e si sviluppa su due nuclei, Matterella e Precetto. Vi chiederete: “Perché questa località in particolare?”. E noi rispondiamo: “Perché c’è un museo, unico del suo genere, che non potete perdere, Le Mummie di Ferentillo”. L’esposizione, ospitata nella cripta della chiesa di Santo Stefano, che domina dall’alto il nucleo di Precetto, conserva appunto in grandi teche oltre 30 corpi mummificati con abiti, capelli, denti e unghie, ancora intatti. Ci sono anche 270 teschi, una bara ancora sigillata e due volatili, uno dei quali un’aquila. Anch’essi mummificati. E la scritta che domina all’entrata, e che vi farà di certo riflettere, è più esplicativa che mai: “Oggi a me, domani a te, io fui quel che tu sei, tu sarai quel che io sono. Pensa mortal che il tuo fine è questo e pensa pur che ciò sarà ben presto”. La prima frase è presa dalla Bibbia, la seconda è stata scritta da un cittadino del luogo.
Rimarrete di certo strabiliati da questi corpi e dal loro straordinario stato di conservazione, dovuto probabilmente alla composizione del suolo dove venivano deposti i cadaveri: era, come è stato accertato, un terreno particolarmente ricco di microorganismi che, assieme alla continua ventilazione delle finestrelle sempre aperte, pare abbia consentito questo processo.
Ma c’è un’altra particolarità interessante: di molte salme si conosce la storia, che continua a essere tramandata oralmente o si ritrova negli archivi ecclesiastici: chi morì sotto i ferri del chirurgo, chi a pugnalate, chi, come una suora, seppellita con indosso il suo abito. C’è anche il corpo di una mamma, probabilmente morta di parto e al suo fianco quello di un bambino appena nato, poggiato sopra le fasce in cui era avvolto.
La storia più curiosa, e forse più triste, riguarda le mummie di due asiatici, riconoscibili dalla caratteristica fisionomia. La storia racconta che la coppia voleva raggiungere la capitale attraverso la Via Flaminia, ma cadde vittima del colera nei pressi di Ferentillo e fu seppellita in questa cripta.

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ricette della zona

“Tu ce lu sai che a Terni, quanno che arrìa Natale,
Le femmine de casa s’armettono lu zzinale
Nell’aria senti l’odore de cioccolata e spezzie
E co’ la nasca insegui st’inebbrianti scie novizzie.
Pù, su la spianatora, eccote là ‘n palloccu…
È ‘n bellu pampepatu, mica è ‘nu gnoccu!”


INGREDIENTI:

50 g di noci
50 g di nocciole
50 g di mandorle
100 g di farina 00
100 g di miele
100 g di cioccolato fondente
50 g di uva passita
2 cucchiai di acqua
cannella
noce moscata
pepe nero


PREPARAZIONE:

Il panpepato, o pampepato, è un dolce della nostra tradizionale, se ne contendono l'origine le città di Terni e di Ferrara. Viene preparato prevalentemente nel periodo natalizio e, come avviene per quasi tutte ricette popolari, ne esistono numerose varianti, che sono state tramandate di famiglia in famiglia nel corso degli anni.

Nella nostra ricetta, abbiamo utilizzato noci, nocciole e mandorle per il ripieno mentre, per l'impasto, cioccolato fondente, miele e uva passita. Come frutta secca, in base ai vostri gusti, potete utilizzare pistacchi, pinoli, noci pecan, e sostituire l'uvetta con arancia o pompelmo canditi.

Per preparare il panpepato, iniziate tostando la frutta secca e mettendo in ammollo l'uva passa per almeno 10 minuti. In un piccolo tegame, sciogliete il miele con l'acqua, quando sarà ben sciolto versatelo in una ciotola con il cioccolato.

Nella stessa ciotola, aggiungete la frutta secca, tutte le spezie, la farina e l'uva passita.

Lavorate velocemente con le mani in modo che l'impasto sia omogeneo. Formate una pagnotta e sistematela in uno stampo rivestito di carta forno. Infornate a 180° per circa 20 minuti.

Lasciate raffreddare completamente il vostro panpepato prima di servire.


ABBINAMENTO:

Vino muffato di Orvieto